I
Sioux, dopo mesi di proteste, ce l’hanno fatta: l’oleodotto in North Dakota è
stato bloccato. Un trionfo non scontato contro uno dei colossi texani dell’energia.
Ma purtroppo si tratta soltanto di una battaglia vinta, perché la guerra è
ancora lunga e sul futuro peseranno anche le decisioni del neo-eletto Trump che
si insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio (in qualità di imprenditore ha investito in quest’opera importanti somme).
I
nativi americani, che per settimane e settimane sono rimasti accampati sulle
pianure attraversate dal fiume Missouri, scontrandosi più di una volta con le
forze dell’ordine, lo sanno. Per questo vogliono restare nelle loro tende e nei
loro caravan nonostante il rigido inverno sulle sponde del lago Oahe. Ed è proprio sotto quel lago che la Dakota
Access, società del gruppo di Dallas Energy Transfer Partners, vorrebbe far
passare l’oleodotto, col rischio di inquinare le falde acquifere a meno di un
chilometro dalla riserva.
Per
i pellerossa l’acqua e la terra sono sacre. Ma interessi economici e politici nei
secoli hanno violato più volte i loro insegnamenti spirituali, le loro
tradizioni e i loro diritti.
Questa
volta invece le tribù native americane hanno avuto il sostegno di testimonial
famosi (tra cui molti attori hollywoodiani) e delle principali organizzazioni
per i diritti umani ed ecologiste. La vittoria è stata festeggiata con danze e
falò per tutta una notte.
Speriamo
che i riflettori adesso non si spengano e che la storia, per una volta almeno, si
concluda pienamente a favore di questi popoli miti e fieri.
Quando l'ultimo albero sarà stato abbattuto,
l’ultimo fiume avvelenato,
l’ultimo pesce pescato,
l’ultimo animale libero ucciso.
Vi accorgerete...
che non si può mangiare il denaro.
(Orso in piedi. Sioux)
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