Il
23/24/25 marzo nel capoluogo toscano si svolgerà un importante convegno
internazionale, un evento che si pone in continuità con il convegno di
oncologia integrata che nel novembre 2016 ha posto a confronto medici, oncologi
e ricercatori sui percorsi terapeutici integrati per i malati di tumore.
Anche
quest’anno, dunque, convergeranno a Firenze da tutto il mondo oncologi di fama e medici di medicina integrata
per scambiarsi le conoscenze al fine di disegnare nuove prospettive nei
percorsi di cura.
Il
cancro rappresenta una delle principali cause di morte nel mondo e le diagnosi
sono tragicamente aumentate negli ultimi anni. è un problema complesso che va gestito tenendo conto non solo
degli aspetti organici, ma anche di quelli psicologici e sociali. Se infatti
vogliamo vincere davvero questa battaglia, è necessario unire i saperi e non si
può prescindere da un approccio globale che rispetti anche l’unicità di ogni
persona.
Per
alleviare sia i sintomi della malattia che gli effetti collaterali dei
protocolli antitumorali e favorire salute e benessere, è quindi necessario integrare
tutte le risorse disponibili. Le medicine complementari come la medicina
tradizionale cinese, l’agopuntura,
l’omeopatia, l’omotossicologia, la
fitoterapia, la medicina antroposofica possono dare un contributo determinante
per migliorare la lo stato di salute, la qualità della vita e gli esiti clinici
delle persone con tumore.
Ho avuto l’onore e il piacere di poter approfondire questa
delicata tematica con uno degli organizzatori dell’atteso convegno
internazionale, il Dottor Franco Cracolici, direttore della Scuola di Agopuntura Tradizionale
della Città di Firenze, docente di Medicina Tradizionale Cinese presso varie Università,
scuole private e vicepresidente della FISA, Federazione Italiana Società
Agopuntura. Ecco l'intervista che mi ha gentilmente concesso:
Dottor
Cracolici, Firenze torna ad essere la capitale dell’oncologia integrata con un
convegno di valenza internazionale. Qual è l’obiettivo fondamentale di questa
tre giorni di scienza e cultura?
“Come
già è successo nel corso del tempo – e penso per esempio alla medicina salernitana
oppure alla stessa Persia dove a Gondeshapur, nel 640, medici di tutte le razze
condividevano il sapere – questo incontro desidera essere un’occasione di
confronto tra scienze millenarie come la fitoterapia, la nutrizione,
l’agopuntura e la medicina allopatica che tanto ha fatto per portare la nostra
natalità da 40 anni a 80. Quindi è un evento
non particolarmente strano, se inserito in una visione olistica della storia
dell'uomo.
è un appuntamento per medici, paramedici
ma anche per cultori della materia, per coloro che vogliono crescere
informandosi su due temi molto importanti come l’oncologia e l’aspetto del
cervello che oggi sappiamo essere inserito non soltanto nel sistema nervoso centrale
ma anche in tutti quei cervelli periferici che dialogano costantemente con il
centro”.
Malgrado
decenni di ricerca le terapie convenzionali non sono ancora riuscite ad averla
vinta sul cancro e i trattamenti usati continuano a presentare una tossicità
non ignorabile.
Qual
è il contributo che possono dare le terapie naturali?
“Soltanto
se si fa rete tra ciò che è appropriato ed efficace si può portare l’uomo ad un
tasso di salute ed evoluzione che sia consono alla dignità dell’uomo
stesso. Non è un caso che tutti gli
ospedali statunitensi, soprattutto quelli oncologici, abbiano un reparto di agopuntura, mindfulness e nutrizione a
partire dallo Sloan Kettering di cui vi saranno al convegno eminenti
personalità.
Quindi
certe pratiche che oramai in America sono fisiologiche anche in Europa dovranno
essere adottate, come sono state adottate per esempio in Toscana, e quindi
dovranno essere erogate senza timore e senza bavagli laddove hanno appropriatezza
ed efficacia. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità e il prestigioso National Institute of Health inviano testimonianza che sono sicure, cioè prive di effetti collaterali ed efficaci.
è necessario che siano introdotte
nei reparti attigui alla chemioterapia e alla radioterapia al fine di
contrastare gli effetti nocivi di queste stesse”.
Qual
è attualmente la realtà dell’oncologia integrata in Toscana e in Italia?
“La
Toscana è una punta di diamante assoluta in Europa. Ci sono tanti reparti:
penso a Careggi con la fitoterapia, alla realtà pisana, a Lucca con l’omeopatia
e al Fior di Prugna di Firenze con la medicina cinese. In prima persona mi
occupo dell’ospedale di medicina integrata di Pitigliano, Manciano e Grosseto.
Nella nostra regione questi sono tutti dei veri punti di riferimento che
erogano un importante supporto, che non è da considerare curativo, ma
senz’altro di utile affiancamento alle problematiche del tumore.
A
livello nazionale la realtà è molto a macchia di leopardo. A livello
legislativo esistono sicuramente dei passi da fare, ma ci sono delle volontà e non
è un caso che per questo convegno ci sia il patrocinio del CNR e degli Ordini
dei Medici di Firenze e di Roma e che siano presenti grandi luminari dell’oncologia
classica come Virgilio Sacchini
e Filippo De Braud.
Quindi una realtà in grande evoluzione, anche se ancora non c’è quella strada
che Gianni Amunni (ndr direttore generale dell’Istituto per lo
studio, la prevenzione e la rete oncologica – ISPRO) suggerisce – laddove vi
siano una validazione e un’appropriatezza – di creare appunto dei percorsi che
abbiano una dignità pari a quella delle pratiche della medicina allopatica
stessa”.
Come
fanno a stare insieme in un percorso di cura integrato trattamenti che
procedono ‘a protocollo’ e approcci diversi che concepiscono ogni persona come
un individuo unico?
“Come
dico sempre quando lavoro in ambito pubblico soprattutto, l’uomo non è un protocollo. Ma è necessario
adattare il protocollo all’uomo.
Le
famose ‘5 P’ della medicina ("P" come Precisione, ma anche
Predittiva, Personalizzata, Preventiva e Partecipativa) sono ormai patrimonio
del pensiero della medicina nella sua globalità. è questa la medicina capace di riscrivere la battaglia contro
le malattie.
Io
per esempio che faccio l’agopuntura seguo dei protocolli sì, ma aggiungo un punto che è il punto del tumore di Giovanni,
di Ernesto, di Claudia ... vuol dire che
il protocollo deve essere leggermente plasmato e diversificato sull’identità
della persona.
Si
può fare la medicina protocollata ma con una differenziazione doverosa perché
ogni essere umano è un pianeta a se stante”.
Le
persone alle quali viene diagnosticato un tumore e i loro familiari spesso vivono
con terrore e profondi disagi le cure chemioterapiche. Che messaggio spera
possa arrivare loro da questo convegno?
“Che
è possibile fare di più e meglio. è
necessario ampliare lo sguardo e abbracciare strategie terapeutiche centrate non
soltanto sulla malattia specifica ma sulla persona, in grado di valorizzare la
parte sana del paziente, di occuparsi della sua famiglia, di dedicare attenzione
alla dietetica, all’attività fisica, alle ginnastiche respiratorie e in
generale allo stile di vita. Ci sono metodiche appropriate che sono state
vagliate e verificate, quindi hanno passato la famosa forchetta del tempo, penso
ad esempio alla medicina cinese che ha 4000 anni. Un approccio integrato di questo tipo, che
unisce il meglio della medicina ufficiale e di quella complementare, può dare
un enorme contributo per migliorare la qualità di vita dei pazienti e il loro
stato di salute”.
Parole,
quelle del Dott. Cracolici, che fanno davvero sperare in un percorso di cura
oncologica nuovo e diverso.
Personalmente
ho avuto il grande dolore di perdere mio padre a causa di questa terribile
malattia che sconvolge, spaventa e rende fragili e bisognosi di sostegno.
Purtroppo
dopo la diagnosi noi non abbiamo avuto l’opportunità di avvalerci delle terapie
complementari, non ci è stata proprio presentata, anzi semmai siamo stati messi
in guardia dal fare qualsiasi cosa non fosse prevista dal ‘protocollo’. Il che
ha creato ulteriori paure e incertezze. Se mai non bastassero quelle che già
avevamo.
La
mia speranza è che, anche grazie a eventi come questo congresso, si possa
andare oltre le prese di posizione, verso una concreta collaborazione tra oncologi
e colleghi delle medicine complementari e che l’integrazione si possa
sviluppare concretamente sempre di più, soprattutto in quei territori che
ancora non la concepiscono come possibilità reale all’interno del servizio
sanitario.
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